sabato 17 marzo 2012

Legge n. 3 del 27.01.2012


Analisi delle principali novità introdotte dalla Legge n. 3 del 27.01.2012


di Emidio Orsini


Nei giorni scorsi è entrata in vigore la legge n. 3 del 2012 sulle “Disposizioni in materia di
usura e di estorsione, nonché di composizione delle crisi da sovraindebitamento”.
Iniziamo dalla novità della legge, prevista al Capo II (articoli 6-21) “PROVVEDIMENTO PER LA COMPOSIZIONE DELLE CRISI DA SOVRAINDEBITAMENTO”.

Viene introdotto nel nostro ordinamento una nuova tipologia di concordato volto a
comporre le cd. crisi da sovraindebitamento, ovvero le crisi di liquidità del singolo
debitore, vale a dire di famiglie o imprese, non assoggettabili alle ordinarie procedure
concorsuali. Il “sovraindebitamento” viene definito come “una situazione di perdurante
squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi
fronte, nonché la definitiva incapacità del debitore di adempiere regolarmente le proprie
obbligazioni” (Cfr. art. 6).
Per porre rimedio alla grave situazione di crisi del Paese, la legge contempla lo strumento
dell’accordo con i creditori, su proposta del debitore, sulla base di un piano di ristrutturazione dei debiti che assicuri il regolare pagamento dei creditori estranei .
Gli articoli 7 e 8 individuano i presupposti per l’accesso alla procedura (il debitore non
deve essere assoggettabile a fallimento e non deve aver fatto ricorso, nei precedenti tre
anni, alla medesima procedura di composizione della crisi) e definiscono il contenuto del
piano, disponendo che esso possa prevedere anche l’affidamento del patrimonio del debitore ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori. Si contempla inoltre la possibilità del ricorso ad uno o più garanti (che dovranno sottoscrivere a loro volta la proposta di accordo) e la previsione di una moratoria fino a un
anno del pagamento dei creditori estranei (con esclusione dei crediti impignorabili) sempre che il piano risulti idoneo ad assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine
e l'esecuzione del piano venga affidata ad un liquidatore nominato dal giudice su proposta
dell'organismo di composizione della crisi (su cui infra).
Gli articoli 9-12 disciplinano il procedimento diretto all’omologazione giudiziale dell’accordo.


L’articolo 9 prevede il deposito della proposta di accordo (e degli altri documenti indicati) presso il tribunale del luogo di residenza o sede del debitore;
l’articolo 10 delinea il procedimento successivo a tale adempimento, prevedendo in particolare la fissazione da parte del giudice dell'udienza e la relativa comunicazione ai creditori, la sospensione (non operante nei confronti dei titolari di crediti impignorabili) delle
azioni esecutive e l’esclusione di sequestri conservativi o dell’acquisto di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore per un periodo non superiore a 120 giorni dall’udienza
stessa;
l’articolo 11 prevede che i creditori devono comunicare espressamente all’organismo di
composizione della crisi il proprio consenso alla proposta di accordo e prevede che, ai
fini dell’omologazione dell’accordo, è necessaria l’accettazione da parte dei creditori che
rappresentino almeno il 70 per cento dei crediti;
l’articolo 12, oltre a disciplinare l’eventuale fase delle contestazioni da parte dei creditori
sulla relazione sui consensi espressi trasmessa dall’organismo di composizione, prevede
l’omologazione dell’accordo da parte del giudice, disciplinandone anche la pubblicazione
e gli eventuali reclami. Dalla data di omologazione e per un periodo non superiore ad un
anno, l’accordo produce effetti conservativi del patrimonio del debitore, attraverso in particolare la sospensione delle azioni esecutive e l’esclusione di sequestri conservativi o dell’acquisto di diritti di prelazione.
L’articolo 13, oltre a prevedere la nomina da parte del giudice di un liquidatore se per la
soddisfazione dei crediti sono utilizzati beni sottoposti a pignoramento o se previsto dall’accordo, dispone la nullità dei pagamenti e degli atti dispositivi in violazione dell’accordo e, in generale, attribuisce all’organismo di composizione della crisi il compito di risol-
vere le eventuali difficoltà insorte nell’esecuzione dell’accordo.
L’articolo 14 disciplina i casi di annullamento e di risoluzione dell’accordo, facendo in
ogni caso salvi i diritti acquistati dai terzi in buona fede.
Gli articoli 15-17 disciplinano gli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento. In base agli articoli 15 e 16, tali soggetti possono essere costituiti ad hoc da enti pubblici e devono essere iscritti in apposito registro presso il Ministero della giustizia
(che dovrà essere disciplinato con regolamento ministeriale). Le camere di conciliazione
presso le C.C.I.A., i segretariati sociali per l’informazione e consulenza al singolo e ai nuclei familiari, nonché gli ordini professionali degli avvocati, dei notai, dei commercialisti
ed esperti contabili, a domanda, sono iscritti di diritto nel registro. In base all’articolo 17,
le funzioni di tali organismi consistono nel complesso delle attività di assistenza al debitore finalizzate al superamento della crisi di liquidità, con particolare riferimento alla predisposizione del piano di ristrutturazione da proporre ai creditori e all’attestazione della sua fattibilità. Essi, inoltre, partecipano nel procedimento finalizzato all’omologazione da parte del giudice dell’accordo e hanno compiti di vigilanza sulla corretta esecuzione dell’accordo, comunicando ai creditori ogni eventuale irregolarità.
L’articolo 18 consente al tribunale e agli organismi di conciliazione l’accesso alle banche
dati pubbliche per lo svolgimento delle funzioni previste dalla legge, nel rispetto del codice della privacy e del Codice di deontologia e buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti.
L’articolo 19 prevede la rilevanza penale di specifiche condotte del debitore – finalizzate
a ottenere l’accesso alla procedura o tenute nel corso della medesima o connesse al mancato rispetto dei contenuti dell’accordo – nonché delle false attestazioni, dell’omissione o del
rifiuto senza giustificato motivo di atti d’ufficio da parte del componente dell'organismo
di composizione della crisi.


L’articolo 20 reca le disposizioni transitorie e finali, demandando al Ministro della giustizia la fissazione della data a decorrere dalla quale i compiti e le funzioni attribuite agli organismi di composizione della crisi da sovraindebitamento possono essere svolti dagli stessi in via esclusiva, e prevedendo che, prima di tale data, tali compiti possano essere svolti da un professionista che abbia i requisiti per la nomina a curatore fallimentare, ovvero da un notaio, nominati dal presidente del tribunale o dal giudice da lui delegato. La medesima disposizione prevede, inoltre, la trasmissione annuale alle Camere di una relazione del Ministro della giustizia sullo stato di attuazione della legge.


L’Art. 1 della L. 3/12, tratta le “Modifiche alla legge 7 marzo 1996, n. 108 :
Tra le novità apportate alla 108/96 che si ritiene più rilevanti si segnala l’Art. 14, co. 9/a-
bis) . In sostanza il Fondo non può revocare, come avveniva in passato, i provvedimenti di
erogazione del mutuo o della provvisionale se il procedimento penale “...non possa
ulteriormente proseguire per prescrizione del reato, per amnistia o per morte dell’imputato... quando allo stato degli atti non esistano elementi documentati, univoci e concordanti in ordine all’esistenza del danno subito dalla vittima per effetto degli interessi o di altri vantaggi usurari.” .


L’Art. 2 della L. 3/12 introduce le “Modifiche alla legge 23 febbraio 1999, n. 44 :
Le novità più rilevanti sono rinvenibili all’Art. 3 ed all’Art. 20, co. 7 – 7/bis e 7/ter .
La struttura originaria dell’Art. 20 prevedeva un parere favorevole del Prefetto competente per territorio, sentito il Presidente del Tribunale; tale parere era, quindi, comunicato al
giudice dell’esecuzione. La disposizione fu censurata dalla Corte costituzionale, con la
sentenza n. 457 del 14-23 dicembre 2005, nella parte in cui si stabiliva che il parere del prefetto doveva essere «favorevole », costituendo tale precisazione una intromissione dell’attività amministrativa in quella giurisdizionale.


In realtà, i problemi derivanti dall’applicazione della norma sono consistiti:
a) in un limitato utilizzo della stessa da parte dei Prefetti, come se essi avvertissero in termini generali quella ingerenza nell’autonomia dell’autorità giudiziaria competente, che poi la Consulta ha censurato in modo specifico;


b) in un frequente sfavore nell’applicazione dell’articolo 20 da parte dei Giudici dell’Esecuzione, non sempre pienamente informati della meritoria attività di denuncia da parte delle vittime del racket e, quindi, poco propensi a riconoscere la sospensione;


c) nella lettura riduttiva da parte degli stessi Giudici dell’Esecuzione del concetto di
evento lesivo, benché il richiamo, da parte dell’articolo 20 della legge n. 44 del 1999, all’articolo 3 della stessa legge, non consenta incertezze;
d) nella necessità di ripetere l’iter del parere a fronte di ogni procedura esecutiva in corso.
Le modifiche introdotte hanno apportato chiarimenti essenziali ai fini dell’applicazione
della norma:


All’Art. 3 è stata data evidenza al concetto di «evento lesivo», già in parte esposto nella
precedente versione, al fine di chiarire senza alcun dubbio l’esatta esegesi dell’inciso.
All’Art. 20, con l’introduzione dei commi 7 – 7/bis e 7/ter, il Legislatore ha voluto chiaramente trasferire la competenza per il rilascio del parere dal Prefetto al Procuratore della
Repubblica che svolge o che ha svolto le indagini che hanno utilizzato le dichiarazioni del
richiedente l’elargizione, decapitando i lunghi ed inutili passaggi precedentemente previsti .


La ragione di tale inserimento appare duplice:
1) solo il magistrato requirente è in grado di valutare l’apporto investigativo della vittima di racket o di usura e la lesione da lui subita a causa di ciò ;
2) il magistrato requirente è Autorità Giudiziaria come il Giudice dell’Esecuzione,
così che si supera l’ostacolo sottolineato dalla Consulta; è, peraltro, evidente che il parere fornito dall’Autorità Giudiziaria che ha utilizzato per le indagini la collaborazione della vittima di questa categoria di illeciti ha un peso oggettivamente superiore ai fini della sospensione dell’esecuzione.


In presenza di più procedimenti penali, la competenza deve intendersi in capo al Pubblico
Ministero che, per primo, ha avviato le indagini fondate sulla deposizione della parte offesa: ciò per rendere più agevole l’individuazione.
Il ruolo del Prefetto (Cfr. co. 7-bis) è solo quello di informare tempestivamente il Procuratore della Repubblica della presentazione dell’istanza di elargizione (affinché quest’ultimo possa articolare il parere) e di verificare tutte le procedure esecutive in atto a carico della vittima di estorsione o di usura, per contenere il rischio di sospensioni o di proroghe parziali dei termini.


Per l’identica ratio, nelle procedure esecutive riguardanti debiti nei confronti dell’erario, o
di enti previdenziali o assistenziali, (Cfr. co. 7-ter) non possono porsi a carico dell’esecutato interessi e sanzioni dalla data di inizio dell’evento lesivo, fino al termine di scadenza della sospensione o della proroga dei termini concessa ai sensi del medesimo articolo.
Da ultimo, il legislatore ha introdotto l’ Art. 18/ter che prevede la possibilità per gli Enti locali di offrire sostegno alle attività economiche, mediante l’esonero, parziale o totale dal
pagamento dei tributi locali.


Ascoli Piceno 10.03.2012

Nessun commento:

Posta un commento